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La Vergine a Giugno

Tit.Mariani

*Nostra Signora di Laus
(5 giugno)
Nostra Signora di Laus: Dipartimento delle Alpi

A un tiro di schioppo, soltanto alcune decine di chilometri dalla frontiera con il Piemonte, sulle Alpi Marittime del Delfinato, c'è un santuario avvolto di misteriosi profumi. È il santuario di Notre Dame di Laus dove, per ben cinquantaquattro anni, la Madonna scelse una povera pastorella del luogo, rozza e analfabeta, Benedetta Rencurel, la educò poco alla volta alla fede per farne uno straordinario strumento della grazia divina.
Quello di Notre Dame di Laus è un messaggio spirituale di profonda speranza rivolto all'intera
umanità, che merita di essere conosciuto ed apprezzato più di quanto lo sia stato fino ad oggi. Non soltanto a Lourdes, infatti, è apparsa la Santa Vergine, ma sul territorio francese questo accadde molto prima, negli anni che andarono dal 1647 fino al 1718, quando l'avventura umana e spirituale della veggente del Laus si concluse qui sulla terra, per aprirsi agli spazi infiniti del Cielo.
Benedetta Rencurel era una pastorella di 16 anni quando nel maggio 1664 ebbe, sopra il villaggio di St. Etienne, in una località chiamata Vallone dei forni, la prima apparizione della Madonna, che teneva per la mano un bellissimo bambino.
A quella apparizione presto se ne aggiungono delle altre, ma tutte silenziose. Maria non parla, non dice nulla. Sembra quasi, la sua, una precisa "pedagogia", volta a educare, attraverso la strategia spirituale dei piccoli passi, una rozza e ignorante pastorella.
Gradatamente, un po' alla volta, la bella Signora prende confidenza con Benedetta e la coinvolge in domande e risposte, la guida, la conforta, la rassicura, le chiede di fare qualcosa per lei, l'aiuta a capire meglio gli altri e ad amare di più Dio.
Pur esortata dalla bella Signora a farsi ancora più umile, la giovane veggente non può nascondere ancora per molto quanto le sta accadendo.
Presto anche le autorità ne vengono coinvolte ed esigono delle spiegazioni. La Madonna, perché ormai è chiaro che è della Vergine Maria si tratta, al Vallon des Fours domanda una processione
di tutto il popolo e al punto di arrivo rivela finalmente il suo nome: "Mi chiamo Maria!", per poi aggiungere: "Non riapparirò più per un certo tempo!".
Difatti, trascorrerà circa un mese perché riappaia nuovamente, questa volta al Pindreau. Ha un messaggio per Benedetta: "Figlia mia, salite la costa del Laus. Là troverete una cappella dove sentirete profumo di violetta."
L'indomani Benedetta parte alla ricerca di questo luogo e scopre, dai profumi promessi, la piccola cappella dedicata a Notre Dame de la Bonne Rencontre. Benedetta apre con trepidazione il portale e trova la Madre del Signore ad attenderla sopra l'altare polveroso.
La cappella infatti è deserta e piuttosto abbandonata. "Desidero far costruire qui una chiesa più grande in onore del mio adorato Figlio", le annuncia Maria. "Esso sarà il luogo di conversione per numerosi peccatori. E sarà il luogo dove io vi apparirò molto spesso."
Cinquantaquattro anni durarono le apparizioni al Laus: nei primi mesi esse si verificarono tutti i giorni, poi ebbero una cadenza pressocchè mensile. Migliaia di pellegrini cominciano ad accorrere al Laus. Una devozione che non si interruppe mai e sopravvisse a molte alterne vicende, come la furia della Rivoluzione francese e la soppressione della diocesi di Embrun.
Il santuario di Notre Dame de Laus (in lingua occitana "Nostra Signora del Lago") conserva tuttora al suo interno la cappella primitiva, detta de La Bonne Rencontre, dove la Vergine apparve a Benoîte Rencurel. Nell'abside della cappella, davanti al tabernacolo dell'altare maggiore, arde la lampada nel cui olio i pellegrini usano intingere le dita della mano destra per farsi devotamente il segno della croce.
In piccole fiale questo stesso olio viene poi spedito in tutta i paesi della Francia e dovunque nel
mondo è diffuso il culto di Nostra Signora del Laus. È un olio dalle capacità portentose.
Come la Madonna stessa aveva promesso alla sua veggente, se fosse stato utilizzato con un profondo atteggiamento di fede verso l'onnipotenza del suo Figlio, esso avrebbe provocato prodigiose guarigioni non solo fisiche ma anche spirituali, come in effetti puntualmente avviene da oltre due secoli.
Una lunga serie di vescovi hanno riconosciuto la soprannaturalità dell'apparizione incoraggiando i pellegrinaggi verso al santuario.
La Madonna apparsa in quel lembo di Francia volle anche lasciare un segno tangibile della sua amorosa presenza in quel luogo benedetto: un soavissimo profumo.
Chiunque infatti sale al Laus può sentire con il proprio naso questi misteriosi effluvii, che danno a tutti consolazione spirituale e una profonda serenità interiore.
I profumi del Laus sono un fenomeno inspiegabile, che la scienza ha provato a spiegare ma senza effettivamente venire a capo di nulla. È un po’ il mistero ed il fascino di questa cittadella mariana incastonata su un solitario altopiano delle Alpi francesi, che attira ogni anno un gran numero di pellegrini da ogni parte del mondo.

(Autore: Maria Di Lorenzo)


*Madonna della Consolata di Torino
(20 giugno)
La devozione torinese verso la Consolata, Patrona dell’ Arcidiocesi, è certamente la più sentita oltre ad essere la più antica.
Le origini sono remote, secondo la tradizione il protovescovo San Massimo fu il costruttore di un’antica chiesa mariana proprio a ridosso delle mura cittadine, presso la torre angolare i cui resti sono ancora visibili.
Simbolicamente allineato alle antiche mura, a prova della protezione, sorge oggi l’altare maggiore in cui è collocata la veneratissima effige. Originale è il titolo di “Consolata”, probabilmente un’antica storpiatura dialettale, “la Consolà”, del più consueto “Consolatrix afflictorum”.
Per noi è bello pregare Maria meditando che Consolata da Dio è più che mai Consolatrice nostra.
Nella storia remota sull’origine del Santuario troviamo l’anziano Re Arduino di Ivrea che,
ritiratosi nell’Abbazia di Fruttuaria, ebbe in sogno disposizione dalla Madonna, insieme a San Benedetto e Santa Maria Maddalena, di costruire tre chiese a lei dedicate: la Consolata, Belmonte nel Canavese e Crea nel Monferrato.
Nel 1104 la Vergine apparve anche ad un cieco di Briancon, Giovanni Ravachio, a cui disse di recarsi a Torino dove, trovando un quadro che la rappresentava, avrebbe acquistato la vista.
Il cieco ottenne ascolto solo dalla donna di servizio.
Messosi in viaggio per un momento gli si aprirono gli occhi presso Pozzo Strada (oggi vi sorge la parrocchia dedicata alla Natività di Maria) e vide da lontano il campanile di S. Andrea (antico titolo del Santuario).
Giunto finalmente alla meta, scavando, trovò l’immagine della Vergine e acquistò la sospirata vista.
Probabilmente l’icona era stata nascosta durante l'imperversare dell’eresia del vescovo iconoclasta Claudio, affinché non fosse distrutta. Accorse il vescovo Mainardo, allora residente a Testona di Moncalieri, e la miracolosa immagine venne ricollocata con i dovuti onori.
Quest’effige oggi non esiste più mentre vi è nella parte bassa del Santuario la cappella sotterranea detta “delle Grazie”.
Il complesso abbaziale di S. Andrea era retto dai benedettini che vi avevano trovato rifugio dopo essere fuggiti dalla Novalesa a causa delle scorribande saracene.
Della loro presenza ci restano il millenario imponente campanile in stile romanico-lombardo, opera del monaco-costruttore Bruningo, e le reliquie di S. Valerico Abate, collocate nell’altare a lui dedicato.
Ai benedettini subentrarono poi i Cistercensi Riformati, detti Fogliensi.
Il quadro oggi venerato è invece dono del Cardinale Della Rovere (il costruttore del Duomo) ed è attribuito ad Antoniazzo Romano. Opera della fine del XV secolo si ispira alla Madonna del Popolo di Roma.
La devozione della città verso la Vergine fu sempre accompagnata a quella della Casa Regnante. I Savoia furono attenti ai vari interventi costruttivi facendo sì che vi lavorassero i migliori artisti al loro servizio.
A Guarino Guarini si deve l’attuale impostazione dell’edificio, nato dalla trasformazione dell’antica chiesa di S. Andrea, mentre lo splendido altare maggiore è opera di Filippo Juvarra.
Nel 1904 Carlo Ceppi, su commissione del Rettore Beato Giuseppe Allamano, aggiunse quattro cappelle laterali dando il definitivo assetto che si presenta assai originale e adatto al
raccoglimento e alla preghiera. Colpisce inoltre la ricchezza di marmi e stucchi dorati.
La devozione della città verso la Vergine Consolata è rimasta costante nei secoli, il popolo con i suoi sovrani vi si raccoglieva in preghiera sia nelle occasioni felici, sia in quelle infauste: centinaia di ex-voto lo testimoniano.
Tra i vari avvenimenti che videro la Consolata particolarmente invocata, ricordiamo l’assedio alla città da parte dei francesi nel 1706.
Torino resistette eroicamente per mesi agli attacchi del forte esercito nemico.
Autentico padre spirituale della città fu il già anziano Beato Sebastiano Valfrè, oratoriano, confidente del Duca, cappellano militare, sostegno morale del popolo e ispiratore del voto alla Madonna di Vittorio Amedeo II che si concretizzerà nella costruzione della Basilica di Superga sul colle più alto della città.
Dalla clausura anche la carmelitana Beata Maria degli Angeli indicava Maria Bambina come liberatrice.
Dopo l’eroico gesto di Pietro Micca la vittoria avvenne il 7 settembre, vigilia della festa della Natività di Maria.
Decine di pilastrini con scolpita l’immagine della Consolata furono collocati lungo il campo di battaglia (l’attuale Borgo Vittoria). Una palla di cannone, rimasta conficcata vicino alla cupola, è ancora oggi visibile.
Nel 1835 durante l’epidemia di colera la municipalità fece un nuovo voto di cui il principale promotore fu il decurione Tancredi di Barolo, Servo di Dio.
In ringraziamento per il limitato numero di vittime fu eretta all’esterno del Santuario una colonna con la statua della Vergine.
In quegli anni un assiduo devoto fu Silvio Pellico, un semplice busto all’interno lo ricorda.
Nel 1852 lo scoppio della vicina polveriera di Borgo Dora vide Paolo Sacchi, novello Pietro Micca, scongiurare la tragedia. Il vicino ospedale del Cottolengo subì gravissimi danni, tra le macerie restò illesa un’immagine della Consolata e fortunosamente non si registrò alcuna vittima.
Anche durante le due guerre mondiali i torinesi si rivolsero alla loro Patrona: centinaia di spalline militari, croci di guerra, un’edicola all’esterno e una lapide all’interno ce lo ricordano.
Il Santuario fu meta di numerosi santi.
L’elenco sarebbe lungo, ricordiamo S. Carlo Borromeo e San Francesco di Sales, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, Don Bosco che portava qui i suoi ragazzi dal vicino Valdocco, San Giuseppe Cafasso (qui sono venerate le sue spoglie), San Leonardo Murialdo fuori dal portone faceva la questua per le sue opere, S. Ignazio da Santhià si raccoglieva lungamente in preghiera durante il suo giro in città prima di salire al Monte, il Beato Pier Giorgio Frassati vi sostava per la Messa prima di recarsi nelle soffitte dai poveri, S. Giuseppe Marello vi fu miracolato da ragazzo, la Beata Enrichetta Dominici del vicino Istituto S. Anna, il Venerabile Pio Brunone Lanteri fondatore degli Oblati di Maria Vergine che nell’800 ressero il Santuario.
Diversi istituti religiosi hanno preso il loro nome dalla Consolata: le Figlie della Consolata, le Suore di Maria SS. Consolatrice (dette le “Consolatine”), i Missionari e le Missionarie della Consolata.
Questi ultimi due Istituti furono fondati dal Beato Giuseppe Allamano, nipote del Cafasso e Rettore del Santuario per 46 anni.
Oggi questi suoi figli e figlie spirituali sono presenti negli angoli più remoti del pianeta.
Nel 1906 S. Pio X conferì al Santuario il titolo di Basilica Minore.
La festa si celebra, preceduta dalla solenne novena, il 20 giugno.
Al tramonto del sole la statua argentea viene condotta in processione per le vie del centro cittadino.
Migliaia di fedeli la seguono preceduti da tutti i religiosi e le religiose della città, da tutte le confraternite e dalle associazioni cattoliche di volontariato.
Cuore pulsante della Diocesi il Santuario è un’oasi, in pieno centro cittadino, per temprare lo spirito.
Le celebrazioni si susseguono quasi ininterrottamente tutti i giorni e numerosi sacerdoti sono sempre presenti per riconciliare con Dio chiunque lo desidera.
(Autore: Daniele Bolognini)


*Madonna del Perpetuo Soccorso
(27 giugno)
Intorno al 1496, si venerava in una chiesa dell'isola di Creta un miracoloso quadro della Vergine Maria. Secondo un'antica tradizione, era stato dipinto alla fine del secolo XIII da un artista sconosciuto, che si era ispirato ad una pittura attribuita a San Luca.  
Per noi, la storia del venerabile quadro comincia quell'anno, con un crimine gravissimo: nella speranza di venderlo ad un buon prezzo, un mercante lo rubò prendendo la via del mare e nascondendolo tra le sue mercanzie. L’anno seguente, giunto a Roma, subito si ammalò gravemente e fu accolto come ospite in casa di un amico, anch'egli mercante. Nell'imminenza della morte, gli raccontò del vergognoso furto e gli chiese di portare il quadro in una chiesa ove potesse ricevere un culto adeguato. L’amico romano gli promise che avrebbe fatto come lui voleva.  
Di lì a poco, il mercante morì. L’amico si stava preparando a compiere quanto promesso, quando sua moglie lo persuase a trattenere in casa il quadro. Gli apparve allora la Vergine Maria che gli disse di portarlo in una chiesa. Egli non obbedì. La Madre di Dio tornò altre due volte e lo minacciò di morte se avesse continuato a disobbedire. Sua moglie però si oppose di nuovo ed egli si rivelò più sottomesso a lei che alla Regina degli Angeli. In una quarta apparizione, la Verginli comunicò:  
- Ti ho avvisato, ti ho minacciato, non hai voluto obbedire. Adesso uscirai tu da questa casa, poi uscirò io alla ricerca di un luogo più onorevole.  
Subito dopo l'apparizione, infatti, uscì per primo il recalcitrante uomo, dentro la bara, verso la sepoltura. La Santissima Vergine apparve allora a sua figlia di sei anni dicendole:  
- Avverti tua madre e tuo zio che Santa Maria del Perpetuo Soccorso vuole che la togliate da questa casa, se non volete morire tutti sul colpo.  
La vedova prese sul serio l'avviso, perché aveva avuto una visione uguale a quella della bambina. Una sua vicina, tuttavia, la convinse a continuare a tenersi il quadro a casa sua. Quest'ultima fu colpita subito dopo da una terribile infermità, però subito si pentì della sua cattiva azione, ricorse alla misericordia della Madonna e fu guarita dopo aver toccato il miracoloso quadro. La Santissima Vergine apparve ancora una volta alla bambina e le comunicò che il quadro doveva essere portato alla chiesa di San Matteo, situato nella via Merulana, tra le basiliche di Santa Maria Maggiore e San Giovanni in Laterano.  
Una delle chiese più visitate di Roma
La vedova, la figlia e la vicina si affrettarono a comunicare questi prodigiosi fatti ai Padri Agostiniani, incaricati della suddetta chiesa. In un battibaleno, la notizia si sparse per tutta la
città. Così, nel momento in cui si doveva trasportare là il quadro, il 27 marzo 1499, si formò una grandiosa processione seguita da innumerevoli membri del clero e una moltitudine di fedeli.  
Per tre secoli l'immagine sacra fu venerata nella Chiesa di San Matteo. Lì accorrevano da ogni dove i fedeli in un numero così grande che, in poco tempo, essa divenne una delle chiese più visitate di Roma, per la fama dei miracoli operati per intercessione della Vergine del Perpetuo Soccorso.  
Abbandonata in una cappella, dimenticata quasi da tutti
Nuove difficoltà, tuttavia, si frapponevano tra la Madre di Misericordia e i suoi figli. Nel 1798 le truppe di Napoleone Bonaparte invasero Roma, esiliarono il Papa Pio VI e, col pretesto di fortificare le difese della città, distrussero 30 chiese, tra cui quella di San Matteo. In quest'occasione si persero innumerevoli reliquie e un gran numero di immagini sacre. Nonostante ciò, il miracoloso quadro fu salvato all'ultimo minuto da un sacerdote che lo portò nella Chiesa di Sant'Eusebio e poi nella cappella privata degli agostiniani nel convento di Santa Maria in Posterula.  
Nel turbinio degli avvenimenti politici e delle guerre che segnarono i primi decenni del sec. XIX, si spense quasi completamente il ricordo dell'ineffabile bontà con cui la Madre del Perpetuo Soccorso accoglieva tutti quanti a lei ricorrevano. Così, la sua immagine sacra finì relegata per più di mezzo secolo in una cappella secondaria di Roma, dimenticata quasi da tutti, senza nessun atto di devozione speciale, senza ornamento alcuno e neppure un lume che indicasse la sua augusta presenza.  
"Fate in modo che Ella sia conosciuta nel mondo intero"  
Dimenticata quasi da tutti... non però da Frate Agostino Orsetti, che era stato frate nella Chiesa di San Matteo. Nel suo cuore non era diminuito il fervore, nella sua mente non si era spento il ricordo degli innumerevoli miracoli ottenuti per intercessione di questa incomparabile Madre di tutti i bisognosi. Verso il 1850, ormai in età avanzata e quasi cieco, fece amicizia con un giovane chierichetto di nome Michele Marchi, che frequentava la cappella di Santa Maria in Posterula. Molti anni dopo, quando era ormai sacerdote redentorista, l'antico chierichetto raccontò che "quel buon frate" era solito fare riferimento alla triste situazione in cui versava la tanto amata immagine. "Non dimenticarti, figlio mio, che l'immagine della Madonna del Perpetuo Soccorso è nella nostra cappella. Era molto miracolosa. Non dimenticartene, hai capito?"  
Frate Agostino morì nel 1853, senza aver realizzato il suo desiderio che la Vergine del Perpetuo Soccorso fosse di nuovo esposta alla venerazione pubblica. In apparenza, sembrava fossero stati infruttuosi gli sforzi e le fiduciose orazioni di questo zelante agostiniano.  
Solo in apparenza però, perché il giovane chierichetto, più tardi Don Michele Marchi CSSR, non se ne dimenticò!  
Alla metà del secolo XIX, la Congregazione dei Padri Redentoristi fu invitata dal Beato Pio IX a stabilire a Roma la loro Casa Generalizia. Per questo fine, e senza avere conoscenza dei fatti sopra riferiti, acquistarono un terreno in Via Merulana ... proprio nel luogo dove era esistita la Chiesa di San Matteo. Come si vedrà, chi, per voce del Papa, attirava alla Città Eterna questa Congregazione era la stessa Madre del Perpetuo Soccorso.  
Lì i Padri Redentoristi costruirono un convento e la Chiesa di Sant'Alfonso. Uno di loro, studiando il settore della città nel quale si erano stabiliti, non tardò a scoprire che la Chiesa di Sant'Alfonso era stata costruita esattamente nel luogo dove esisteva in altri tempi la Chiesa di San Matteo, nella quale era stata venerata per secoli la miracolosa pittura della Madonna del Perpetuo Soccorso. Così riferì ai suoi fratelli d'abito questa scoperta di buon auspicio. Tra i sacerdoti che lo ascoltavano si trovava Don Michele Marchi. Costui allora, a sua volta, narrò tutto quanto gli aveva detto a proposito dell'immagine il vecchio frate agostiniano del convento di Santa Maria in Posterula.  
Qui si vede bene la mano della Vergine Santissima guidare gli avvenimenti. Lei ha ispirato nei cuori di quei suoi figli missionari l'ardente desiderio di esporre nuovamente alla venerazione pubblica il miracoloso quadro. Questi sollecitarono il Superiore Generale della Congregazione, Don Nicola Mauron, a fare direttamente al Papa una richiesta con quest'obiettivo. Ricevuto in udienza da Pio IX, il Superiore Generale gli narrò la storia del quadro e gli presentò la sollecitazione affinché lo stesso fosse affidato in custodia della sua Congregazione, in modo da tornare a ricevere gli onori e le suppliche dei fedeli nello stesso luogo scelto dalla Madonna nel 1499.  
Il Papa ascoltò tutto con attenzione e scrisse di proprio pugno questo biglietto, con data 11 dicembre 1865: "II Cardinale Prefetto della Propaganda chiamerà il Superiore della comunità di Santa Maria in Posterula e gli dirà che è Nostro desiderio che l'immagine della Santissima Vergine, alla quale si riferisce questa petizione, sia nuovamente collocata tra [le basiliche] di San Giovanni [in Laterano] e Santa Maria Maggiore; i Redentoristi la sostituiranno con un altro quadro adeguato".  
In seguito il Santo Padre dette ai Redentoristi, nella persona del loro Superiore Generale, la missione di diffondere la devozione alla Madonna del Perpetuo Soccorso: "Fate in modo che lei sia conosciuta nel mondo intero!"  
"O Maria, termina quello che hai cominciato!"  
I Padri Agostiniani dando il loro assenso con rispetto filiale al desiderio del Sommo Pontefice, consegnarono il miracoloso quadro ai suoi nuovi custodi. Con una solenne processione, circa
20mila fedeli lo condussero per le vie ornate di fiori fino alla Chiesa di Sant'Alfonso.  
La Madre del Perpetuo Soccorso manifestò il suo compiacimento in quello stesso giorno, operando alcuni miracoli. "Cara Madre, guarisci mio figlio o portalo in Cielo!" - implorò dalla finestra della sua casa una madre angustiata, sollevando tra le braccia il suo figlioletto moribondo mentre passava il quadro. Immediatamente il bambino guarì.  
Poco oltre, un'altra madre chiese che fosse guarita sua figlia colpita da una paralisi totale. Immediatamente la bambina recuperò forza alle gambe, però, soltanto quanto bastava per camminare. Madre e figlia andarono il giorno successivo nella Chiesa di Sant'Alfonso e supplicarono: "O Maria, termina quello che hai cominciato!" La bambina uscì di là completamente ristabilita.  
Iniziò così una nuova fase nella luminosa storia della miracolosa pittura della Vergine Santissima. Ancor oggi essa accoglie maternamente i suoi figli e figlie nel Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso. Grazie allo zelo dei Padri Redentoristi, migliaia di altre chiese sono state erette in Suo onore ovunque nel mondo.
Un quadro altamente ricco di simboli.  
La miracolosa icona della Madonna del Perpetuo Soccorso misura 53 per 41,5 centimetri. È una pittura in stile bizantino, eseguita su legno dal fondo dorato, colore molto utilizzato dagli artisti nell'antico Impero Romano quando si trattava di ritrarre grandi personalità. L’oro, in questo caso, è un simbolo espressivo della gloria della Regina dei Cieli.  
Più che un semplice ritratto di Maria, la pittura riproduce una scena.  
La Vergine Madre tiene stretto con premura, affetto e adorazione il Bambino-Dio. Il suo sguardo, tuttavia, non è rivolto verso di Lui, ma verso di noi, suoi figli adottivi. Gesù invece non guarda né sua Madre né noi, ma sembra voler raggiungere col suo sguardo divino i due angeli che tengono stretti gli strumenti della Passione: alla sinistra, San Michele, che indossa un mantello verde, con la lancia e la spugna di fiele, alla destra, San Gabriele, col manto lillà, mentre sorregge la croce e i chiodi che hanno perforato piedi e mani del Redentore.  
Particolare altamente espressivo è il sandalo che pende dal piede destro di Gesù Bambino, trattenuto da un filo e che quasi cade. Esso è il simbolo della situazione dell'anima in stato di peccato mortale: questa è unita a Gesù da un filo, la devozione alla Madonna.  
Sotto il manto azzurro, Maria veste una tunica rossa. Nei primordi del Cristianesimo, le vergini si distinguevano per il colore azzurro, simbolo della purezza e le madri per il colore rosso, segno della carità. Questa combinazione cromatica definisce, dunque, in modo eccellente la Madonna, Vergine e Madre. Si nota anche il colore verde nella fodera del suo manto. Ora, la composizione di questi tre colori era di uso esclusivo della regalità. Così, la dignità regale della Regina degli Angeli e dei Santi è ben rappresentata nei suoi abiti.  
Molto in alto nel quadro, a metà in ogni lato, sono scritte in lettere greche, le iniziali dell'espressione "Madre di Dio"; a lato della testa del Bambino Gesù, le iniziali di "Gesù Cristo", sopra l'angelo di sinistra, "Arcangelo Michele", e sopra l'angelo di destra, "Arcangelo Gabriele".  
Tratto da: “Araldi del Vangelo” nr. 31 giugno 2006.


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